Black Sabbath anno 1989:
Headless Cross, forse uno dei dischi più belli che la band abbia mai pubblicato. Dopo i buoni esiti del precedente The Eternal Idol il gruppo deve essersi maggiormente unito, e finalmente ha potuto trovare nuovi stimoli musicali da perseguire, e con esiti decisamente validi. Headless Cross è un album molto ispirato, dove i Black Sabbath dimostrano che la nuova line-up si è stabilizzata, e che Tony Martin è un cantante di assoluto livello che non ha nulla da temere nei confronti del pur ingombrante passato. A livello meramente musicale la band continua il percorso iniziato con The Eternal Idol e di conseguenza ampio spazio alla melodia, sempre e comunque perfettamente bilanciata da una sezione classicamente Metal che non smette mai di pulsare attraverso i riff di Iommi, in questa occasione davvero su alti livelli espressivi. Su tutte è il caso di ricordare
When Death Calls, la classica canzone che rimane subito impressa nella memoria grazie ad un ritornello incalzante, uno di quelli che difficilmente viene dimenticato, epico e corale, con una linea melodica coinvolgente e pure diretta. Va ricordata anche la partecipazione di Brian May (Queen) nell'assolo di chitarra, come da copione ottimo. Ad ogni modo tutto il disco è composto da brani validi e ben concepiti, come
Call Of The Wind,
Black Moon e ovviamente la title track, tutte canzoni che accentuano il lato oscuro e al tempo stesso melodico dei Black Sabbath. Quello che più sorprende è la perfetta simbiosi acquisita da Tony Martin, la sua voce calda ben si sposa con le trame melodiche disegnate da Iommi e questo ha permesso al gruppo di poter approfondire la ricerca sua stilistica, ritrovando una personalià tutta sua. Da segnalare anche la presenza di Cozy Powell dietro le pelli, autore di una prestazione come al solito maiuscola, energica e dinamica, insomma quel quid che nell'economia complessiva della loro musica non guasta mai. La croce celtica in copertina è quasi un monito e difatti il concept è basato sulla morte e sui vari aspetti che la circondano, tematiche che ben si amalgamano all'entità stessa dei Black Sabbath, ma questo non credo ci sia bisogno di ribadirlo. Gli anni 80 si chiudono con un colpo di coda che cade nel momento giusto, che in sostanza porta i Black Sabbath alla soglia dei 90 con una ritrovata serenità, e con un'ispirazione sempre più attestata ad alti livelli, come del resto il successivo
Tyr metterà in evidenza.