Arrivano dal Canada i
3 Inches Of Blood, e questo “Long live heavy metal” è il loro quinto album in studio. Un album che, fin dal titolo (una vera e propria dichiarazione di intenti), mette in chiaro l’amore della band per le più classiche delle sonorità della nostra musica preferita. Quindi se siete amanti di Judas Priest, Accept, o di band più recenti come Primal Fear, non potete lasciarvi sfuggire questo disco, che pur non scrivendo nulla di nuovo renderà piacevole un’oretta della vostra vita a suon di metallo fuso, con classicissimi riff di chitarra, la voce altissima del singer Cam Pipes, una sezione ritmica quadrata e precisa a sorreggere il tutto e titoli che parlano da soli: “Metal woman”, “My sword will not sleep”, “Leather lord”, tanto per citarne qualcuno… Giusto per non risultare eccessivamente banali, i nostri inseriscono qui e là sia qualche growl che qualche accenno più power oriented, e soprattutto delle belle partiture acustiche, che donano quel tocco epico che non guasta mai. Il disco scorre via che è un piacere, anche se alla lunga la voce particolare di Pipes può risultare leggermente monotona, ma d’altra parte è un rischio calcolato, visto che di contro il singer si distingue dalla massa informe di inutili screamer che hanno invaso la scena negli ultimi anni, dimostrando personalità e capacità interpretativa. Da sottolineare, inoltre, come la parte del leone la facciano le due asce Hagberg e Clark, autori, oltre che di riff incisivi, soprattutto di ottimi assoli, sia individuali che all’unisono, tanto da non sfigurare nel raffronto con i grandi del passato. Ovvio che se confrontato per esempio a “
Stalingrad”, ultima fatica degli Accept, questo “Long live heavy metal” esce sconfitto. D’altra parte la classe non è acqua, e stiamo pur sempre parlando della band di Wolf Hoffmann, però è altrettanto vero che qui non stiamo certo facendo una gara, anche e soprattutto perché, tutto sommato, la proposta dei canadesi risulta onesta e genuina, un sincero tributo al metal che fu, che può piacere tanto ai più attempati quanto ai più giovincelli. L’album non è una mera operazione commerciale per nostalgici, di sostanza ce n’è a iosa, quindi non vi resta altro da fare che metterlo nel lettore e scatenarvi al suono di “Storming juno”, “Men of fortune” o “4000 torches”. Il 2012 è appena a un terzo del suo cammino, ma in ambito classic/thrash sono già state sparate delle ottime cartucce, e “Long live heavy metal” è senz’altro una di queste…
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