Nel biennio 2024/25 come se la passa il Metal italiano?
Esiste veramente una scena Metal in Italia?
Ci sono delle band di livello internazionale o è solo una pia illusione di persone che apprezzano band provinciali o di local heroes che si sono montati la testa? In realtà, pur con tutti i suoi problemi e le contraddizioni del caso, si può veramente ribadire che non solo esiste una vera e propria scena Metal italiana, ma che essa sta vivendo un buon periodo, con alcuni ritorni di fiamma di poche vecchie glorie e di un certo numero di band giovani che hanno capito come gira il mondo e chi più, chi meno, stanno facendo furore all’estero.
Poi è anche vero che buona parte delle etichette discografiche di casa nostra sono solo dei mercanti di galline che vogliono vendere qualche disco in più al minimo sforzo senza curarsi troppo della crescita delle loro band e certe agenzie di booking che sono semplicemente degli squali affamati sono elementi che non faranno mai stare in vera salute la nostra scena, tant’è che quasi tutte le band nostrane, il successo lo hanno ottenuto proprio per il fatto di essersi accasate all’estero con questa o quella realtà estera e dopo hanno avuto un certo riconoscimento pure all'interno dei patri confini.
Guardiamo un po’ al caro vecchio Speed/Thrash Metal, il nostro paese ha avuto degli sprazzi notevoli, ma al di fuori di quello, c’è sempre stato un notevole numero di band senza arte, né parte, del “vorrei ma non posso”, come delle notevoli eccezioni.
Tra i catanesi
Schizo che ancora oggi vengono ricordati solo per l’ottimo esordio “
Main Frame Collapse” (1989) e dovrebbero tornare il prossimo anno per la
Punishment 18, gli
In.Si.Dia. che campano grazie all’amore dei loro fans per quei due mitici album dei ’90, ma che oggi risultano belli arrugginiti o gli
Extrema che da un po’ di anni a questa parte si trascinano stancamente tra live noiosi e dischi così così (il banale “
Headbangig Forever” risale al 2019, mentre il mediocre “
The Seed of Foolishness” è uscito nel 2013….), non è un caso che queste band facciano quattro concerti in croce ed in situazioni non propriamente edificanti, ma non tutto è perduto visto che queste sonorità sono tenute a galla grazie soprattutto ad altre band.
Peggio è andata al singer storico degli
Extrema:
GL Perotti aveva ben esordito con i
Mortado sempre nel 2019, ma poi? A parte pochi concerti, ormai la band è ferma da anni e non si intravede nulla per quanto riguarda un ritorno in attività seria e costante, a parte qualche sporadica dichiarazione sui social. Peccato.
I
Game Over non passeranno alla storia per chissà quale primizia musicale e anzi, anche la personalità è bella che sbiadita, ma intanto loro hanno imparato bene la lezione del Thrash californiano che fu e fanno sempre dei concerti carichi di energia: rimarranno degli eterni gregari, ma intanto il loro lo fanno pure discretamente bene. I
Bulldozer è da tantissimo che non fanno musica inedita, ma intanto tra un’attenta gestione del fronte live e continue ristampe dei mitici album degli anni ’80, lo storico gruppo milanese si gode lo status di cult band, facendo un gran furore soprattutto all’estero. Guardate che combinano
Andy Bull Panigada e soci tra il Brasile e gli States!
E infine i
Necrodeath, che pure loro in passato fecero delle scelte molto discutibili, svendendosi e andando a suonare a più riprese in situazioni nelle quali una band della loro caratura semplicemente NON dovrebbe essere presente.
Poco importa com’è andata, ora lo storico gruppo ligure sta facendo un lungo tour di addio alle scene, facendo un discreto numero di concerti all’estero e in festival di un certo livello. Come sempre
Peso e soci sono una macchina da guerra sul fronte live e l’ultimo album “
Arimortis” (2025,
Time To Kill), senza troppi sconvolgimenti nel sound saluta degnamente i fans della band, sperando che almeno loro siano seri e coerenti in questa scelta. Ancora in forma sia live, che in studio, la dignità con la quale i
Necrodeath stanno per chiudere la loro carriera dovrebbe essere presa come esempio da molti.
Band queste che non perdono tempo a fare polemichette sui social per ribadire che “no, gli
Iron Maiden non sono la prima band Metal che ha suonato a San Siro!” o a fare ridicole dirette facebook nel quale sparare stupidaggini come nei vari bar di paese.
Il Death Metal vede il fenomeno (ormai sempre meno Slam e sempre più Brutal) dei casertani
Fulci: punta di diamante della
Caserta Beatdown Clan e prendendo molto pure dalle galassie Punk Hardcore e Hip Hop, i Fulci da un po’ di anni stanno conquistando il mondo con un sound classico, ma al tempo stesso personale e riconoscibile come ribadito dall’ultimo “
Duck Face Killings” (2024), con dei concerti sempre migliori grazie all’innesto di una seconda chitarra e di un batterista in carne ed ossa al posto della fredda drum machine. Come insegnano
Goblin e
Calibro 35, nel matrimonio tra musica e cinema, il Bel Paese non ha alcun rivale!
Ma in generale il Death Metal in Italia, seppur ci abbia messo qualche anno di più ad attecchire, ha da sempre avuto una scena frizzante e dinamica, con tante band interessanti di valore anche negli anfratti più reconditi dell’underground: se il lato più glamour e scintillante è ben rappresentato anche all’estero da bands capitoline come
Hideous Divinity e
Hour of Penance o dai sinfonici
Fleshgod Apocalypse, dall’altra ci stanno vecchie glorie decadute che per un motivo o per un altro fanno fatica a trovare concerti (
Gory Blister o
Aydra), ai sempre ironici
Cadaveric Crematorium, senza sottovalutare l’importante apporto di ottimi act come
Becerus (la Sicilia è stata per anni una culla fertile per il Brutal) o gli
Shrieking Demons. Emblematico il caso dei
Sadist che se all’estero continuano ad avere un buon seguito, nel loro paese natale raccolgono le briciole.
Caso ancora più particolare per i lombardi
Node che dopo anni un po’ turbolenti sono tornati con un buon lavoro, quel “
Canto VII” che se in generale è ben voluto dalla critica di settore, dall’altra parte non ha portato ad un folta attività live e nemmeno la carta della setlist speciale per festeggiare i trent’anni di carriera non è che abbia portato a chissà quali cambi di marcia in tal senso. Chissà come sarà il prossimo lavoro in studio, ma per ora i tempi di “
Sweatshops” (2002) sono un vago ricordo e lo stato attuale del gruppo dà l’impressione di essere quello della vecchia gloria decaduta per via di un mercato musicale sempre più perfido.
E rimanendo sempre nei dintorni del Thrash e Death Metal, ma nel lato della barricata Punk, è un attimo passare al Grindcore e se per anni Grindcore e Italia erano sinonimo di
Cripple Bastards, ora la situazione è leggermente diversa per fortuna.
Gli emiliani
Grumo, dopo anni passati in penombra, con la ripartenza post pandemica stanno raccogliendo tutto quello che hanno seminato in quasi vent’anni di carriera partecipando alla maggior parte dei maggiori festival italiani (
DLB, VEHC, Warm Up del Metalitalia Festival, Torino Hardcore, Curtarock e via discorrendo), facendoli arrivare nella cosiddetta “Aristocrazia Hardcore”. I tempi dei concerti davanti a 10 o 20 persone ormai sono un lontano ricordo e a 10 anni di distanza dal secondo album “
Fallimento”, in questo 2025 è finalmente arrivato l’ottimo “
Sons of Disgust”. Oramai il Grind di questo quartetto è sempre più tendente al Death Metal (a volte un po’ slammone), con un sound al passo con i tempi ed una assoluta garanzia in sede live.
Davvero una bella storia di coerenza e perseveranza quella dei
Grumo, sperando che non ci mettano altri dieci fottutissimi anni per un quarto lavoro discografico, intanto godiamoceli per bene con questo ottimo album e nei tanti concerti che stanno facendo. Nel loro piccolo, un successo veramente meritato.
Band collegata ai
Grumo perché ne condivide metà della line up, i
Golem of Gore con il secondo full “
Ultimo Mondo Cane” hanno decisamente svoltato: una maturazione del genere non è esattamente comune dopotutto, ma tra un’infinità di Ep e Split, concerti sempre più intensi, ecco che i risultati arrivano.
Ora il Goregrind del gruppo abbandona quasi totalmente la componente Noisecore e abbraccia influenze esterne come lo Slam o il Brutal Death Metal: il risultato è sempre super estremo intendiamoci, ma la costruzione delle canzoni ha un vero senso, c’è una certa varietà ritmica e pure il riffing di chitarra non è più così intellegibile. Ottimo, era ora che i
Guineapig fossero affiancati da altre realtà valide per esportare il marciume made in Italy!
Da non sottovalutare poi altri ottimi act più underground come i laziali
Neid (con la doppia raccolta “
Anthems To The Dissonance” del 2020 vi fate una dose massiccia di Grind più Metal oriented) o
Tsubo (“
Capitale Umano” del 2023 è un capolavoro visionario del genere che presenta dissonanze alla
Voivod e parti strumentali dal sapore vagamente
Tool in quel macello DIY Grind!) che meriterebbero più visibilità e supporto dalla scena italiana, mentre all’estero sono più svegli e se ne sono accorti già da tempo di queste validissime realtà.
Ah, occhio ai campani
One Day in Fukushima che proprio quest’anno hanno rilasciato il valido “
The Shameful Eighteen”, mentre per gli ironici
Napoli Violenta si deve pazientare ancora per un secondo album di inediti.
Bene, dopo aver disquisito dello stato di salute di una delle scene più underground, ma al tempo stesso prolifiche e vivaci del paese di
Dante Alighieri, passiamo a sonorità molto meno estreme e più melodiche e perché no? Anche allegre, ovvero il Power Metal.
Ecco, anche nel Power Metal il nostro paese ha dato davvero tante gioie, con un discreto numero di band dal taglio realmente internazionale e con un certo numero di casi nel quale è giusto parlare di “Nemo propheta in patria”, tant’è che c’è pure una vera e propria scuola italiana di Power Metal portata avanti da nomi di seconda fascia che un loro seguito in Giappone, piuttosto che in Brasile, Argentina o in Germania se lo sono costruito. Il nome di punta, sia all’interno dei patri confini che all’estero è senza alcun dubbio quello che
Rhapsody of Fire, che dopo aver avuto le dure batoste dell’abbandono di
Turilli prima e
Lione poi, con
Giacomo Voli alla voce sono ripartiti. Un peccato però che il loro ultimo “
Challenge the Wind” (2024) sia davvero un disco stanco, con pochi guizzi, ma dopo tutti questi anni di carriera la band triestina può pure campare di rendita, sperando anche che i fans riscoprano certi dischi della
seconda era, oltre ai soliti
classici intramontabili.
Dal vivo però rimangono una garanzia assoluta, come ribadito dalla loro strabordante perfomance al
Metalitalia Festival di quest’anno davvero trionfale.
Altro grandissimo protagonista della scena Power Metal italiana e non solo, sono sicuramente i
Labyrinth, un gruppo che senza alcun dubbio ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato e non per demeriti suoi, almeno musicalmente parlando. Il passato è passato però e adesso bisogna vedere quello che è lo stato attuale del gruppo, con l’ultima formazione ormai rodata, la scelta di fare pochi concerti e di rimettersi in gioco con nuovi inediti quando se ne sente la reale necessità. Il nuovo “
In The Vanishing Echoes Of Goodbye” prosegue quanto fatto con il full del 2021, con chitarre ancora più massicce e presenti, oltre ad un’aria meno ariosa e più cupa. La vena Thrashy dà una bella ventata di freschezza al Power/Prog di
Olaf e soci, dando sempre varietà, classe e dinamicità a questo fiore all’occhiello del Metal made in Italy, con un lavoro di chitarre da veri e propri maestri.
Altra band che di recente ha rilasciato un ottimo album (“
Blood and Angels' Tears”) e che ha un seguito ben più ampio all’estero che non i patria, sono i
Vision Divine, che poveri loro, negli ultimi tempi hanno avuto un brutto terremoto nella line up con la fuori uscita di cantante prima e tastierista poi, proprio in un momento molto delicato.
Classico Power/Prog all’italiana, molto più tastieroso rispetto ai
Labyrinth, si spera che questa importante band ritrovi una sua stabilità, anche perché è un peccato pubblicare lavori in studio di quel livello e non poterli supportare adeguatamente…ma il ritorno di
Michele Luppi e di
Oleg Smirnoff e relativa prestazione al festival dei colleghi di
Metalitalia fa decisamente ben sperare per il futuro.
Prosegue il notevole successo internazionale dei toscani
Wind Rose, che tra un Power molto sempliciotto e di grande impatto grazie all’affascinante immaginario fantasy dei nani, stanno letteralmente spopolando all’estero. Peccato per un sound troppo statico, ma c’è da dire che “
Trollslayer” (2024) è di ben altro livello rispetto al banale “
Warfront” (2022).Ci sarebbero anche i plasticosi
Frozen Crown, i banali
Moonlight Haze e i "divertenti"
Nanowar of Steel, ma su
Metal.it parliamo di musica.
I
Secret Sphere continuano senza troppi sussulti e con professionalità il loro cammino, lo stesso dicasi per i
Trick Or Treat che nel tempo hanno acquisito un seguito più discreto tra Power Metal scanzonato ed album basati su questo o quel cartone animato. In questo 2025 c’è stato il grande ritorno degli
Ancient Bards, un ritorno che però ha lasciato un po’ l’amato in bocca vista la caratura dei musicisti coinvolti e il tempo intercorso rispetto alla precedente release:
Sara Squadrani ha una bellissima voce e sa come usarla, ma viene affiancata da un growl a volte piatto, le atmosfere fantasy sono sempre epiche e hanno un’aurea magniloquente, ma tastiere e orchestrazioni soffocano il lavoro di chitarre… alla fine, grazie all’ambiziosa “
Suite Of Requiem And Solace” divisa in quattro parti, il gruppo porta a casa il suo risultato più che dignitoso, ma da un ritorno del genere le aspettative erano altre.
Speriamo che lo show esclusivo del 2025 al
Metalitalia Festival abbia portato voglia ed entusiasmo di intraprendere nuovamente l'attività live, perché è un peccato mortale che che una band del genere non lo faccia.
Nel mentre, gli
Elvenking tra un sodalizio eterno con la tedesca
AFM Records, concerti in giro per il vecchio continente ed un tour in apertura agli
Alestorm, hanno concluso la trilogia di concept “
Reader of the Runes” con “
Luna” ed è il classico Folk/Power Metal che la band friulana ci ha abituato nel corso degli anni. Un gruppo che continua il suo percorso con musica sempre interessante.
E tra il Doom e dintorni come se la passa il nostro scapestrato stivale? Beh, come da tradizione verrebbe da dire molto, molto bene.
Fenomeno tutto italiano, il Dark Sound è stato bene coltivato dalla genovese
Black Widow che quest’anno, tra le varie cose, ha pubblicato gli album di commiato della
Janara e dell’
Impero delle Ombre. Doom Metal, Progressive Rock, Psych, Folklore italiano e riferimenti al cinema Horror italiano degli anni ‘70/80: normale che da un ampio ventaglio stilistico del genere, questo genere non solo dia grandi soddisfazioni agli amanti delle sonorità più oscure, ma che non potesse nascere in nessun altro posto se non l’Italia. Un grande rammarico che le due band citate ci abbiano salutato, ma almeno lo hanno fatto con due ottimi album!
Se si parla di Veneto è impossibile non citare i veronesi
Epitaph (legato a doppio filo ai sepolcrali
Black Hole), che nel 2024 hanno pubblicato il loro terzo album, un lavoro molto vicino a certi
Candlemass e quindi poco italiano, ma fatto con una certa classe e pure lì la band ha dovuto affrontare un cambio di cantante in un momento molto delicato: verrebbe da pensare che anche da queste cose si può evincere perché molte band storiche o comunque lodate dalla critica, siano rimaste nel sottobosco.
A volte stupisce la superficialità con la quale certi nomi abbiano gestito la loro carriera, mancando anche di professionalità: croce e delizia dell’Italia questa, dove spesso ci sono troppi galli nello stesso pollaio.
E dei
Death SS che dire?
Una line up che ha di fatto reso l’attuale band di
Steve Sylvester una sorta di super band, con componenti o ex componenti di
Bulldozer, Distruzione e Whiskey Ritual e con “
The Entity” arriva un lavoro a metà tra certi
Kiss ed un certo
Alice Cooper. Songwriting molto sempliciotto ed una produzione moscia però rovinano il tutto, facendo dimenticare presto questo album.
Sicuramente sul fronte live le cose andranno meglio, anche se c’è da dire che la scelta di cantare con una base registrata la trovo di pessimo gusto e una presa in giro nei confronti del pubblico pagante. Un mito decaduto? Forse, ma il suo passato rimane ancora molto importante e prestigioso.
Dal comunicato dell'annullamento delle due date italiane di novembre però si intuisce perché la band di
Stefano Silvestri non abbia mai realmente svoltato: se (e ribadisco il "SE") è vero che la scenografia live è andata irrimediabilmente distrutta nell'incendio del V
iper Theatre, stupisce davvero negativamente com'è stata gestita la cosa (sia nei tempi, che nei modi) visto che non si parla di una band di dilettanti allo sbaraglio.
Senza contare che, l'incendio è avvenuto mesi fa e la cosa salta fuori a poco più di un mese dai suddetti concerti?
Dispiace soprattutto per i fans che si ritroveranno con un pugno di mosche in mano.
Sui
Messa c’è poco da dire, già ai tempi del secondo album stavano guadagnando una certa credibilità all’estero, cosa che è esponenzialmente aumentata con l’ottimo “
Close”, ma ora con l’ultimo “
The Spin” e la parziale volta Dark/Wave anni ’80, il gruppo è diventato ancora più internazionale, con un successo all’estero che comincia ad essere realmente ragguardevole, facendoli definitivamente uscire dall’underground e dando quella maturazione in più che serviva sul fronte live.
Il quartetto veneto è la dimostrazione che a volte il coraggio paga.
Sempre per quanto riguarda sonorità lente e oscure che hanno il loro bel seguito all’estero, c’è da ricordare il ritorno degli
Ufomammut, che con l’ultimo “
Hidden” (2024) hanno probabilmente partorito uno dei migliori album Sludge/Psych di sempre. Una sorta di “
Fenice 2.0 più grande, più bello, più grosso”: il trio in questione senza tanti proclami continua il suo cammino ad alti livelli.
Poi ci sarebbero i
Deathless Legacy con il loro Horror Metal innocuo, che grazie ai singoli sempre azzeccati, ad una certa teatralità sopra le assi di un palco e diciamolo pure, anche ad una professionalità non comune nel Metal italiano, stanno riscuotendo un bel seguito non solo in Italia.
Poi l'ultimo album in studio, "
Damnatio Aeterna", ha fatto incetta di ottime valutazioni a destra e manca.
Per non parlare del Black Metal dove anche band più underground come i padovani
Abhor hanno una stima da parte di molti colleghi assolutamente invidiabile e a ben vedere vista la qualità delle loro sonorità ritualistiche da ascoltare a lume di candela.
Poi
Mortuary Drape, Forgotten Tomb o Inchiuvatu sono tutte realtà d’annata che stanno invecchiando bene e che hanno portato una reale ventata d’aria fresca con le loro proposte musicali dotate di una vera e propria personalità artistica: cloni dei
Darkthrone 1992? No, grazie.
Parlando di Black Metal e affini, nonché di ennesimo addio, anche
Selvans ci saluta con il suo terzo capitolo discografico che ha raccolto molti consensi in Europa con sonorità a metà tra Black Metal ed Heavy Metal, con quell’humus pagano e folkloristico che dà sempre arricchisce il sound di questa bella realtà.
Ma con tutte le band del cazzo che ci sono in giro, proprio artisti validi come
Selvans devono uscire dalle scene?!
Nel politicamente scorretto, i
Whiskey Ritual sono tornati con un piccolo ep fatto di cover Punk e Oi! molto carino e coerente con quanto fatto dai nostri fin dal loro esordio: Black Metal, Rock ‘N Roll, Hardcore/Street Punk, questi musicisti parmigiani riescono a unire dannatamente bene questi elementi con “canzoni che parlano di alcol, droga e puttane”. In un panorama come quello odierno fatto di band patinate, video dai tratti cartoon, suoni puliti e un’immagine sempre più edulcorata, di band con l’attitudine dei
Whiskey Ritual il Rock ne ha un disperato bisogno.
Ma a quando un live album? Sarebbe un crimine non farlo, perché i live act di questi musicisti parmensi sono realmente incendiari.
Sugli
Atavicus e il loro secondo lavoro c’è da attendere ancora, ma i singoli fanno ben sperare, mentre i
Furor Gallico continuano discretamente.
Stormlord e
Novembre invece sono altre realtà che fanno riflettere sul fatto che il periodo d’oro è passato da mo’, al contrario dei
Dawn of a Dark Age, che con la nuova saga dedicata ai Sanniti,
Vittorio Sabelli è riuscito a maturare, mettendo nel calderone sempre più idee e a levigarle con incredibile grazia. “
La Tavola Osca”, “Le Forche Caudine” e “Transumanza” sono dei gioielli di rara bellezza nei quali Folk di vario tipo, Black Metal e altre influenze musicali varie ed eventuali convivono e si arricchiscono gli uni con gli altri.
E a proposito di
Vittorio Sabelli, il Dark/Black Metal degli
Incantvm dal sapore Progressive ha donato agli ascoltatori un secondo valido lavoro, “
Maleficia”, mentre l’altro progetto musicale
A.M.E.N., dopo un esordio molto debitore dei
Naked City, ora con la collaborazione a tempo pieno di
Erba del Diavolo (
Elena Camusso all’anagrafe), con “
Argento” si abbraccia con forza il Jazz (dai toni sulfurei), dando alle stampe un raffinato gioiello oscuro.
A chiudere questo scritto non mi rimane che fare due righe sui torinesi
Ponte del Diavolo, band che unisce coraggiosamente Black Metal, Doom Metal e Post Punk, con sonorità più grasse e rotonde grazie alla formazione atipica comprendente due bassi e una chitarra, oltre allo stile vocale della già citata
Erba del Diavolo e al clarinetto dal sapore Jazzy di
Vittorio Sabelli e non a caso, l’esordio del gruppo è uscito sotto
Season of Mist ed esso ha fatto furore in giro per l’Europa partecipando a molti festival di livello.
Ovviamente le band e le sonorità di cui parlare ce ne sarebbe tante ancora, soprattutto guardando alle scene più moderne e alternative (come il giro
Beatdown o ad artisti come
Lili Refrain o
Bedsore e
Nero di Marte), oltre di altre realtà (come i
DGM o gli
Eldritch) che non sono stati citati, ma alla fine questo vuole essere solo uno sguardo generale e non troppo approfondito per dire che nonostante le difficoltà del caso, sì,
la scena Metal italiana non solo esiste, ma tutto sommato gode di buona salute: i tempi nei quali all’estero si conoscevano solamente Lacuna Coil e Rhapsody o nei quali le interviste erano solo una valvola di sfogo per riversare la propria frustrazione verso un mancato riconoscimento internazionale, per fortuna sono solo un lontano ricordo. Pure dal punto di vista dei concerti, non sarà tutto rose e fiori, ma ormai le realtà virtuose non mancano e certi azzardi si possono pure correre oggi come oggi. Visto le band, le micro scene o i generi che non ho affrontato, date voi fuoco alle polveri e scatenatevi nei commenti!