(31 luglio 2010) Armageddon In The Park 2010

Info

Provincia:CB
Costo:€10
Causa trasferta in Germania per il Wacken Open Air, l’anno scorso non ho potuto partecipare all’Armageddon In The Park. Quest’anno, invece, son potuto tornare molto volentieri ad assistere al festival molisano, giunto ormai alla settima edizione. E anche se comunque sarei stato presente, un motivo in più che non mi ha fatto pensare neanche un secondo al fatto di partecipare è stata la presenza, in qualità di headliner, dei Bulldozer. Da sempre fan accanito della band milanese, non potevo certo lasciarmeli sfuggire, a maggior ragione ad un tiro di schioppo da casa mia, quindi preparati armi e bagagli (leggasi panini e alcol) parto per San Giacomo degli Schiavoni. Al mio arrivo nel primissimo pomeriggio le cose sono ancora in alto mare, perché un bel po’ di pioggia venuta già prima di pranzo ha fatto slittare tutti i preparativi per il palco, mettendo peraltro in serio pericolo il festival tutto. Fortunatamente nonostante la presenza costate di nuvoloni incredibilmente neri la pioggia ci ha graziati, ed ha permesso, seppur con incredibile ritardo sulla scaletta di marcia, e con ovvio ridimensionamento del tempo a disposizione di tutte le band, il regolare svolgimento dello show. Come sempre l’atmosfera qui a San Giacomo è tranquilla e rilassata, una sorta di grande festa metal, con una buona affluenza di pubblico, stand di settore e soprattutto gastronomici, le band in scioltezza perfettamente integrate tra il pubblico, e un’organizzazione familiare ma puntuale, precisa in ogni cosa.

Svolte le solite formalità di rito (giro tra gli stand, magnata apocalittica di arrosticini, intervista ai Bulldozer, saluti vari), mi appresto ad assistere all’esibizione della prima band della serata, i molisani Trodden Shame. Giovane band di Campobasso, con un demo all’attivo, i nostri salgono sul palco con la giusta determinazione, mettendo su uno show breve ma particolarmente intenso, che mette in luce una buona padronanza degli strumenti e del palco, nonostante la giovane età e la relativa esperienza live. Freschi di studio (sono stati a registrare il nuovo cd proprio nei giorni precedenti al concerto), sono proprio i pezzi di quest’ultimo a farla da padrone, marcando un’evoluzione del sound che li allontana dal thrash degli esordi, spostando le sonorità verso un metal di ultima generazione, nettamente più moderno. Non potevano mancare, ovviamente, estratti dal loro demo di esordio, ecco quindi la titletrack “Jarhead” e “Never look back”, e addirittura “Anger”, uno dei primi brani composti dal quintetto, riproposto qui in una veste del tutto nuova. Tirando le somme, una buona prova per i nostri, che sono riusciti a sfruttare al meglio l’occasione che gli è stata data, con il chitarrista Andrea e il batterista Pasquale un gradino più in alto degli altri, e la trottola Vito a catalizzare l’attenzione.
CONVINCENTI!

Tracklist:
WALK ON THE LAST MILE
YOU CAN’T SEE MY FACE
NEVER LOOK BACK
ANGER
JARHEAD
THE MAD


Archiviata l’esibizione dei molisani, tocca ora ad una band che aspettavo veramente con ansia, e cioè i Murder Therapy. Ho seguito la loro evoluzione attraverso il primo demo e il primo full length, e quindi ero curioso di constatare se anche in sede live erano altrettanto letali come su cd. Sfortunatamente i bolognesi sono arrivati a San Giacomo privi del loro singer Riccardo, bloccato a Bologna per non precisati problemi, e quindi hanno dovuto rimediare alla cosa proponendo uno show completamente strumentale. Intanto i miei complimenti per la scelta coraggiosa, non sono in molti che pur di suonare avrebbero rimediato in questo modo. E poi complimenti alla band tutta, che ha dimostrato di avere delle capacità tecniche ed esecutive veramente notevoli, anche se per forza di cose non hanno potuto eseguire i brani dei primi due cd, più violenti e diretti, ma hanno dovuto “ripiegare” su tre brani del nuovo lavoro in studio, di prossima uscita, che presenta pezzi più dilatati e rarefatti, che meglio si adattavano alla sola esecuzione strumentale. Ecco quindi in successione “Third I fall”, “Resilience” e “Anoptikon”. A dire il vero preferivo il vecchio corso della band, più selvaggio e deathoso, ma bisognerà aspettare il cd per esprimere un giudizio esatto. Tornando al live, peccato… un’occasione in parte sprecata, ma evidentemente non si poteva fare diversamente, quindi ancora complimenti alla band per aver comunque rispettato i fans presenti ed avergli donato un’esibizione chirurgica e comunque coinvolgente. A questo punto spero di ribeccarli presto di nuovo su qualche palco, questa volta al completo, per spazzare via tutto, sono sicuro che possono farlo.
IPNOTICI!

Tracklist:
THIRD I FALL
RESILIENCE
ANOPTIKON


Stando alla scaletta ora sarebbero dovuti salire sul palco i Death Mechanism, di Verona (per chi non lo sapesse, band d’accompagnamento di A.C. Wild ed Andy Panigada dei Bulldozer, dal vivo), ma a causa dei ritardi di cui parlavo prima il loro show viene cancellato, per lasciare spazio alle altre band. In un certo senso solo ritardato, visto che i nostri comunque avranno la loro ribalta durante lo show dei Bulldozer, dato che gli sarà lasciato lo spazio per eseguire due-tre brani del loro repertorio, mentre i due “vecchietti” riprendono fiato.
OLD SCHOOL!


Ecco quindi che a sorpresa irrompono sul palco dell’Armageddon i Sawthis, mia vecchia conoscenza, che come sempre arrivano e devastano tutto… Dall’ultima volta che li ho visti live sono cambiate diverse cose. Intanto il singer, visto che Frankino non fa più parte della band, sostituito egregiamente da Alessandro Falà. Poi il nome, cambiato da Sothis a Sawthis per omonimia con un’altra band, e poi, cosa più importante, la musica, ancora una volta in evoluzione, sempre più distante dal thrash degli esordi, sempre più vicina alle nuove sonorità metal, con un occhio di riguardo per la scena moderna americana di stampo Machine Head. Per qualcosa che cambia, altre che restano immutate, e cioè la violenza sonora, la loro simpatia, la loro professionalità sul palco. Insomma, i Sawthis al di là dei mutamenti di cui sopra sono sempre una certezza in sede live. Anche per loro una mezz’ora scarsa a disposizione, che i nostri sfruttano al meglio proponendo due brani dal precedente “Fusion” e quattro dall’ultimo “Egod”, tra le quali spicca per coinvolgimento “Act of sorrow”, con il suo coro che il singer Alessandro “costringe” a far cantare a tutti i presenti. E se Michele Melchiorre si conferma un animale dietro le pelli, la coppia di asce rimane sempre precisa e pungente, e il bassista Gae è la solita scheggia impazzita, è proprio il singer la vera sorpresa della serata, sia per la sua ottima voce, che per il suo carisma come frontman. Insomma, nulla da eccepire alla band, come sempre una macchina da guerra, come sempre una delle più coinvolgenti dal vivo. Meritano decisamente il momento di successo che stanno vivendo.
DEVASTANTI!

Tracklist:
HIM MORTALITY
MR. ZERO
BLOOD EFFECT S.F.X.
ACT OF SORROW
BEYOND THE BOUND
THE PURIFIER


Se, come detto in precedenza, non c’è stato nulla da eccepire per i Sawthis, è altrettanto palese che quando sul palco salgono i Sadist le cose cambiano ulteriormente. Intanto i suoni finalmente diventano nettamente migliori. E poi si sale decisamente di livello. D’altra parte non devo certo stare a dirvelo io qual è il valore della band di Tommy, da vent’anni sulle scene, e con un’esperienza e una perizia tecnica pari a pochi altri gruppi, italiani e non. I nostri scelgono di dare subito spazio al nuovo disco, con la tripletta iniziale a riproporre fedelmente la tracklist di quest’ultimo. Come detto ora i suoni sono migliori, e la gente sotto al palco inizia ad aumentare visibilmente, attratta dalla performance della band ligure, e forse in particolare del corpulento singer Trevor, di sicuro un personaggio tanto particolare quanto carismatico. Ci si sposta un attimo più indietro con “One thousand memories”, dal precedente “Sadist”, prima di iniziare un vero e proprio salto nel passato, con le sempre splendide (ed apprezzatissime) “Escogido” e “Tribe”, dal disco che porta il nome di quest’ultima, e la stupenda “Christmas beat”, da “Crust”. Come sempre è un piacere immenso osservare la band on stage, dai voli pindarici di Andy al basso, alle ritmiche micidiali di Alessio dietro le pelli, anche se la cosa che ogni volta mi lascia basito è l’assoluta naturalezza con cui Tommy riesce a suonare contemporaneamente chitarra e tastiera. Incredibile… Intanto si torna momentaneamente all’ultima fatica con “Tearing away”, prima di tornare alle origini con “Sometimes they come back”, estratta da quel capolavoro che è il pioneristico esordio “Above the light”. Splendida… Purtroppo anche i liguri sono stati costretti a ridurre, seppur di poco, la loro esibizione, quindi si è giunti alla fine. Che dire, il livello della band di Tommy e Trevor è sempre elevato, e se da un lato il loro essere un po’ distaccati nei confronti del pubblico può infastidire qualcuno, dall’altro rende ancora più gelida e pungente la loro esibizione.
VELENOSI!

Tracklist:
BROKEN AND REBORN
SEASON IN SILENCE
THE ATTIC AND THE WORLD OF EMOTIONS
ONE THOUSAND MEMORIES
ESCOGIDO
CHRISTMAS BEAT
TRIBE
TEARING AWAY
SOMETHIMES THEY COME BACK


L’ora è tarda, i ritardi accumulati sono notevoli, ma nessuno qui sembra importarsene più di tanto, né i ragazzi, costantemente sotto il palco (salvo le puntatine allo stand degli arrosticini), né gli abitanti del paese, tolleranti e partecipi a questa che è diventata ormai la loro festa annuale. Siamo arrivati quindi al primo dei due piatti forti della serata, e cioè lo show del mattatore Pino Scotto. Non ho voglia di discutere sterilmente sulla sua presunta calata di stile che molti gli imputano per la sua carriera televisiva. Per me Pino resta un grande della nostra musica e dell’italica scena, uno che si è fatto il culo per trent’anni, sia come uomo che come musicista, uno che ha ancora molto da offrire, sia musicalmente che come personaggio, uno che può ancora permettersi di sputare in testa a tante giovani band spocchiose. Poi ognuno è libero di condividere o meno i suoi proclami (anche questa sera immancabili, da quelli politici a quelli relativi alla locale fauna femminile, giusto per citarne un paio), ma di certo lui può permetterselo, se non altro per vita vissuta. Chiusa questa doverosa parentesi, veniamo alla musica. Un’oretta scarsa a disposizione, che i nostri sfruttano al meglio, mescolando per bene il repertorio dei Vanadium (ripescate le mitiche “On fire” e l’opener “Get up shake up”), quello dei Firetrails e quello della carriera solista di Pino, lasciando stranamente poco spazio all’ultimo cd “Buona suerte”. La band appare rodata, Pino ce la mette tutta come sempre, forse l’unica scelta un po’ azzardata è quella di dividere l’esibizione in due tronconi, la prima parte dedicata ai brani in inglese, la seconda dedicata a quelli in italiano. Forse una maggiore mescolanza avrebbe giovato allo show, concluso con l’anthem “Il grido disperato di mille bands”, uno show che nonostante tutto fila via liscio, tra gli applausi del pubblico (ad onor del vero c’era anche qualche detrattore, per fortuna in minoranza), rivolti sia ai musicisti, sia a Scotto, che come già accennato non rinuncia al palcoscenico per denunciare le varie storture del nostro paese.
MITICO!

GET UP SHAKE UP
SPACES AND SLEEPING STONES
FIGHTER
ON FIRE
DIATRIBAL ROCK
PIAZZA SAN ROCK
COME NOI
IL GRIDO DISPERATO DI MILLE BANDS


E finalmente uno dei miei sogni di adolescente (quindi di moooolti anni fa) sta per avverarsi, e cioè vedere on stage i mitici Bulldozer. Da sempre uno dei miei gruppi italiani preferiti, sono rimasto leggermente deluso dal loro come back discografico, quindi la curiosità di vedere cos’erano capaci di combinare dal vivo era notevole. Dopo un breve intro le note di “Unexpected fate” portano la band sul palco. Nessuna scenografia particolare, se non il pulpito di A.C. Wild, nessun fronzolo inutile, solo tanta sana e irriverente violenza. La band che supporta i due veterani è in gran tiro, tanto che anche i brani nuovi risultano decisamente più convincenti dal vivo, su tutti la pungente “Micro V.I.P.”. Andy Panigada, anche se un po’ appesantito, macina riff su riff come ai vecchi tempi, e il gran cerimoniere A.C. Wild sfodera una voce che non mi sarei aspettato, graffiante e pungente come sempre. E che dire poi del suo carisma? Sarà anche un peccato non vederlo suonare il basso, ma da dietro il suo pulpito, con il suo mantello nero, riesce a catalizzare l’attenzione di tutti con il suo sguardo ironico e minaccioso al tempo stesso. La scaletta? Che ve lo dico a fare, dopo la tripletta iniziale estrapolata dall’ultimo album, una serie di classici immortali del thrash metal, da “Minkons” a “Ilona the very best”, da “Desert”, riproposta in medley con “IX”, a “The derby”, acclamata a gran voce da qualche scapestrato sotto il palco (senza fare nomi, eh, ahaha…), da “Cut throat” alla stupenda “Whiskey time”, per concludere il tutto con la tetra “Willful death”, con il figlio di A.C. Wild che si prende il suo momento di gloria dietro le tastiere per l’esaltante finale di organo. Un concerto intenso, interrotto solo, come già accennato prima, dalla breve esibizione dei Death Mechanis (scelta che non ho condiviso per niente, e che ha fatto calare non poco l’adrenalina e la tensione sotto il palco), una dimostrazione di come si suona il thrash, e soprattutto del perché i Bulldozer sono stati per anni, sono ancora e sempre lo saranno, una cult band, adorata in ogni parte del mondo. Un piccolo gioiello della nostra scena metal, tornata a tutti gli effetti per riprendersi il trono che per troppi anni ha lasciato vagante. We are fucking italian…
STORICI!

INTRO
UNEXPECTED FATE
USE YOUR BRAIN
BASTARDS
IX-DESERT-IX
ILONA THE VERY BEST
THE DERBY
WE ARE… ITALIAN
MINKIONS
MICRO V.I.P.
OVERTURE-NEURODELIRI
CUT THROAT
WHISKEY TIME
WILLFUL DEATH
Report a cura di Roberto Alfieri

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 08 set 2010 alle 19:31

Edizione memorabile!

Inserito il 21 ago 2010 alle 23:02

GRANDE CONCERTO ,GRANDE PINO ,GRANDI TUTTE LE BAND PRESENTI ,SAN GIACOMO RULES!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!