Preso il testimone dal buon
Seba Dall che ci ha fatto un completo resoconto della prima giornata del
Metalitalia.com Festival 2024, faccio il mio ingresso nel
Live Club per assistere a quello che ho definito uno degli eventi dell'anno.
Nell'attesa che si accendano le luci sul palco, ecco un inevitabile passaggio nei tanti stand presenti (con altrettanti inevitabili acquisti), intervallato dai saluti con vecchi e nuovi amici e da un salto all'area ristoro per una birretta ristoratrice.
Quindi quando è venuto il momento di recarsi sotto il palco degli
HELL FIRE ero piuttosto rilassato, beh... almeno finché la formazione californiana non ha attaccato con uno Speed Metal d'altri tempi che conferma le parole del nostro Frank riguardo al loro ultimo album "
Reckoning" uscito un paio di anni fa, dal quale recuperano proprio l'opener, la sbarazzina "
Medieval Cowboys". I nostri, sempre guidati dal chitarrista/cantante
Jake Nunn, non si scordano del precedente "Mania (2019) mentre vengono ignorati i primi due album. Una manciata di pezzi che passano dall'attacco Thrash di "
Addicted to Violence" allo US Power&Speed di "
Thrill Of The Chase" o "
Victims" fino alla più cadenzata "
Mania", senza dimenticarsi di una "
On the Loose" che ricorda non poco la più famosa "Doctor Doctor" degli UFO. Un peccato veniale, per una band che ha dimostrato di potersela giocare.
A questo punto le aspettative per gli
HAUNT erano piuttosto alte, ma i californiani (pure loro...) non mi danno la stessa botta dei compagni di viaggio.
Iper produttiva in studio (dal 2017 ad oggi hanno realizzato ben dieci album più diversi EP) la creatura di
Trevor William Church dal vivo non riesce - almeno nell'occasione - a far breccia nel mio ormai logoro
Metal Heart, anche a causa della scelta di iniziare il concerto con brani meno d'impatto come "
Steel Mountains" (dall'ultimo lavoro in studio "Dreamers") e la più datata "
Mind Freeze" (dall'omonimo album del 2020), ma anche quando alzano i giri con la guizzante "
Hearts on Fire" e la conclusiva "
Burst into Flame", titletrack di quella che continuo a considerare la miglior uscita degli Hunt, non riescono a trascinare i presenti, per quanto il loro classico Heavy Metal dal marcato spirito vintage, si lasci ascoltare con piacere.
Tocca quindi ai
NIGHT DEMON, anche loro dalla California, salire sulle assi del Live Club, e se in passato non mi avevamo mai convinto del tutto, stavolta centrano l'impresa. Non che a livello prettamente musicale sia cambiato qualcosa - di Heavy Metal classico sempre si tratta - ma l'attitudine e l'impatto (e forse l'aver completato la trasformazione in un novello Hetfield da parte di
Jarvis Leatherby) che questo terzetto riesca ad esprimere oggi, mi hanno trascinato nella spirale del loro set, che si apre con la più recente "
Outsider" e non poteva che chiudersi sulle note dell'autocelebrativa e travolgente "
Night Demon" (
... "We're comin' to your town"). Nel mezzo si segnala l'assalto ottantiano di "
Screams in the Night", "
Welcome to the Night" e soprattutto la datata "
The Chalice", ma anche le più ragionate "
Beyond the Grave" e "
The Wrath" (tratte entrambe da "Outsider").
E da qui in avanti si susseguono quelle quattro formazioni che hanno reso questa giornata del Metalitalia.com Festival un evento, infatti, tocca a Satan, Warlord, Cirith Ungol e Death SS.
Sono gli inglesi a presentarsi per primi, freschi di un nuovo album, "Songs In Crimson", il settimo nel carniere, un concerto che attendevo con trepidazione, la stessa provata quando a suo tempo misi la puntina sul vinile di "Court In The Act"... ed è proprio con l'accoppiate formata dalla terremotante "
Trial by Fire" e dalla più articolata "
Blades of Steel" che i
SATAN aprono le danze... o meglio la loro missione: quella di ricordare a tutti cosa è l'Heavy Metal (e in effetti ritroviamo diversi dei musicisti che hanno suonato prima di loro a bordo palco per imparare la lezione) e come lo si suona. Dissertazione avvalorata da una lunga serie di brani che ripercorrono tutta la loro discografia, fatto salvo quel "Suspended Sentence" (1987) dove alla voce non c'era
Brian Ross, tra i quali (la lista completa a seguire) troviamo tanti dei loro classici, come la pulsante "
Break Free" e quella "
Alone in the Dock" che chiude il loro set, ma anche due brani nuovi di zecca, "
Sacramental Rites" (testimonial della N.W.O.B.H.M.) e "
Turn the Tide" (più graffiante e frontale) che fanno presagire ottimi riscontri per il fresco di stampa "Songs In Crimson".
Sul palco manca forse un po' di dinamismo, ma l'età avanza e
Brian Ross è chiaramente in sovrappeso, ma il cantante britannico sa come sfruttare la sua voce e il suo carisma, nell'interagire, talvolta anche polemizzando, con il pubblico. Di certo il loro concerto è qualcosa che non dimenticherò tanto presto, e ci tengo ancora a sottolineare che oltre che capaci i
Satan sono ormai una rarità, visto che l'attuale formazione è ancora quella del loro esordio, con i due chitarristi
Russ Tippins e
Steve Ramsey, il bassista
Graeme English e il batterista
Sean Taylor. Che gli Dei del Metal ce li proteggano ancora a lungo.
Setlist:Trial By Fire
Blades Of Steel
Ascendancy
Burning Portrait
Sacramental Rites
Break Free
Twenty Twenty Five
Ophidian
Into The Mouth Of Eternity
Turn The Tide
The Devil’s Infantry
Incantations
Testimony
Alone In The Dock
A differenze dei Satan, dei
WARLORD originali troviamo invece solamente
Mark Zonder, anche se la presenza di Tsamis cui è dedicato questo tour -
In memory of Willian J. Tsamis - aleggia nello spirito delle canzoni che ci verranno offerte durante quello che più che un concerto è un sentito omaggio. E a farci da guida è il cantante
Giles Lavery, vocalist su quel "Free Spirit Soar" uscito solo pochi mesi fa, e autore di una prova eccellente anche dal vivo, che mi ha fatto immediatamente immergere nell'atmosfera magica e poetica che hanno saputo creare i
Warlord, ma anche passare sopra al look del bassista
Philip Bynoe, più consono ai Living Color che a una formazione di Epic Metal. Perché di questo si tratta, e dopo l'intro "
Beginning" è subito "
Lucifer’s Hammer" a ricordarcelo.
I
Warlord, oggi completati dai chitarristi
Diego Pires e
Eric Juris, e alle tastiere da
Jimmy Waldo, si sono preparati bene e affrontano il repertorio storico dei
Warlord (anche i pezzi originariamente proposti dai Lordian Guard) evitando quindi di andare a pescare dal già citato "Free Spirit Soar".
Una scaletta spettacolare che lascia senza fiato, anche i suoni inizialmente non perfetti trovano poi la giusta quadra, permettendoci di assaporare al meglio l'epicità delle varie "
Battle of the Living Dead", "
Black Mass" la poesia di "
Lost and Lonely Days" (da sempre la mia preferita dei
Warlord) e "
Winter Tears", il pulsare di "
Aliens" o "
War in Heaven", e le immancabili "
Deliver Us from Evil" e "
Child of the Damned" piazzate giusto prima dei saluti finali.
Ora mi sbilancio, e se la qualità della proposta è questa, spero che ci sia un futuro per i
Warlord, pur con il solo
Mark Zonder al timone.
Setlist:Beginning
Lucifer’s Hammer
Invaders
Battle Of The Living Dead
Kill Zone
City Walls Of Troy
Winds Of Thor
Lost And Lonely Days
Aliens
Mrs. Victoria
Penny For A Poor Man
War In Heaven
Black Mass
70,000 Sorrows
Winter Tears
Achilles Revenge
Deliver Us From Evil
Child Of The Damned
Anche i
CIRITH UNGOL si presentano con una line-up fortemente rimaneggiata con gli storici
Robert Garven e
Tim Baker a rievocare gli esordi del gruppo e con
Jarvis Leatherby e
Armand John Anthony dei Night Demon a dare il loro contributo. Un bel contributo, anche se tormentato da qualche problema tecnico, soprattutto al basso di
Leatherby, che non rovinano un gran concerto, con
Baker che a dispetto del suo fare controllato sfodera poi una prestazione vocale con un carisma che mi ha letteralmente commosso.
La proposta degli statunitensi (anche loro con le radici in California) non ha nulla da invidiare a quelli che li hanno preceduti, e si parte subito alla grande con "
Atom Smasher" (opener di quel capolavoro dal titolo "King of the Dead") per poi fare un balzo indietro, all'esordio "Frost And Fire" con "
I'm Alive" per poi spostarsi al presente e all'ultimo disco, "Dark Parade", con "
Sailor on the Seas of Fate". Un continuo salto temporale lungo l'intera discografia, nel quale non possono esentarsi dal proporci "
Black Machine", "
King of the Dead" o "
Join the Legion", per quello che è il loro tour d'addio, e non credo che ci possano ripensare. Ma un posto nella Storia del Metal non glielo toglie nessuno.
Setlist:Atom Smasher
I’m Alive
Sailor On The Seas Of Fate
Blood & Iron
Chaos Descends
Frost And Fire
Black Machine
Looking Glass
Forever Black
Master Of The Pit
King Of The Dead
Down Below
Paradise Lost
Join The Legion
I
DEATH SS per questo appuntamento fanno le cose alla grande, infatti, per il loro ritorno al Metalitalia si esibiranno in due differenti set, partendo con un best off che vede
Steve Sylvester accompagnato dall'attuale line-up e la riproposizione del loro esordio, "...in Death of Steve Silvester" nella seconda.
Un evento imperdibile, un rito che i
Death SS celebrano con tutte le armi a loro disposizione, dalle canzoni più rappresentative, dal look, alla scenografia e a tutto l'immaginario di ispirazione Dark & Horror che li accompagna da sempre, eppoi non mancano nemmeno quelle due sacerdotesse discinte e lussuriose che spesso e volentieri fanno la loro comparsa sul palco. Un'esibizione però penalizzata da una resa sonora non eccelsa, ma che la porzione visiva riesce a mitigare. Mentre sul grande schermo posto dietro ai musicisti scorrono filmati estratti principalmente da vecchi film horror, i
Death SS lasciata scorrere l'intro "
Ave Satani", attaccano con l'esemplare "
Let The Sabbath Begin", che si trascina dietro streghe, stregoni e demoni celati sotto la forma delle seguenti "
Cursed Mama", "
Horrible Eyes", "
Where Have You Gone?", "
Baphomet", "
Zora" e "
Baron Samedi", con l'officiante
Steve Sylvester che ha preso possesso del palco, dei suoi compagni di viaggio (mummie o zombie che siano...) e del pubblico del Live Club, e ammetto anche del sottoscritto che non è mai stato un fan "assatanato" della band.
Cambio di scenografia, costumi e musicisti, con l'ospitata della maggior parte di quelli che suonarono sull'esordio, ed ecco che dopo il video della lunga intro "
The Hanged Ballad", si parte, o meglio si torna al passato, con la celebrazione di "...in Death of Steve Silvester", anche se con un ordine diverso e con la cover di "
Come to the Sabbath" (dei Black Widow) che i Death SS riservano al bis, invece di quella di "I Love the Dead" di Alice Cooper. Lo scorrere del tempo non pare aver lasciato il segno nelle canzoni ma nemmeno sui musicisti, anche se gli effetti, il trucco e i costumi hanno sicuramente contribuito. Infine, i
Death SS ci salutano mentre sullo schermo alle loro spalle appare un enigmatico messaggio che ci informa che una misteriosa identità si manifesterà la notte di Halloween e ci invita a tenere d'occhio il loro profilo Instagram.
Vedremo di che si tratta, nel frattempo spero di poter dormire tranquillo senza soffrire di incubi, sai mai con tutti questi mostri, demoni e invocazioni assortite.
Setlist Best off:Ave Satani
Let The Sabbath Begin
Cursed Mama
Horrible Eyes
Where Have You Gone?
Baphomet
Zora
Baron Samedi
Heavy DemonsThe Hanged Ballad
Setlist In Death Of Steve Sylvester:The Hanged Ballad
Murder Angels
Zombie
Death
Black Mummy
Terror
Werewolf
Vampire
Come To The Sabbath (Black Widow Cover)
Per un report fotografico più esteso fate riferimento al nostro profilo Facebook. Metal.it
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