Arrivo sulle ultime note di
Bologna Violenta, dispiaciuto perché ho perso l'intera serata dedicata al concept sulla Uno Bianca, nome anche di un suo album. Si tratta di una vicenda davvero rilevante della vita italiana degli ultimi 30 anni. Tralasciando la meccanicità del grind proposto da
Nicola Manzan live, immagino voluta visto che dovrebbe avere a disposizione anche un batterista umano ma preferisce la drum machine in questa occasione, é meritorio il fatto che dia spazio, con immagini e testi descrittivi, ad un accadimento che ha generato in alcuni spettatori curiosità, tanto che alcuni si affannano alla ricerca attraverso i cellulari di quanto avvenuto all'epoca.
Pensate, nel 2025, senza bisogno di QR Code!
Che ci sia ancora speranza di disibernare certi cervelli morti degli zombie che infestano le nostre città?
Ovviamente la considerazione non riguarda i presenti al concerto, già abbastanza svegli nel sapere dello stesso e nell'essere presenti.
Con questa domanda senza risposta certa arrivano le 23, l'ora di quando si sentono i primi suoni che anticipano la calata degli
Zu sul palco della Factory.
Illuminato solo da una grande immagine di una montagna innevata alle spalle,
Luca T Mai si avvicina al suo sax mentre
Mongardi fa altrettanto con la batteria, e cosí
Pupillo con il basso. É da sei anni che non li vedo, e ancora ricordo la sganassata presa a Interzona (Verona) nel 2008. Da quella montagna sullo sfondo del palco gli Zu dettano legge.
Una legge ancestrale, che viaggia sui suoni di un sax e di un basso distorto, che a volte viene messo in loop, su cui Pupillo costruisce fill e piccoli assoli. Da non intendersi come svisate veloci, però.
Infatti gli Zu sono marziali nell'animo, e questo nonostante non manchino brani intensi, sublimati dalla batteria di Mongardi. Un mostro, lui, un italico vanto, in grado di smuoverle, le montagne. Pur non avendo nulla da dimostrare...lo dimostra comunque. Con i fill, con gli incastri, con un doppio che entra nelle viscere e le sconquassa ulteriormente con i cinque piatti a disposizione, su cui sono installati degli altri piatti.
Ma attenzione, gli Zu non sono qui per mostrare quanto sono bravi, nemmeno quanto sono cazzuti, nonostante un suono che potrei definire unico, almeno in Italia. Si perché aldilà delle distorsione, quello che differenzia da tanti é l'uso del sax e dei droni, che creano straniamento. Invero i brani più dilatati sono anche quelli che mi annoiano maggiormente, mentre l'esaltazione va di pari passo con l'intensità.
Tutto questo inframmezzato con capacità di discernimento di dinamica, anche con l'utilizzo di una keystep da parte di T Mai. Non é solo una questione di saper usare gli effetti, ma c'entra anche quello. Ho contato otto pedali a T Mai, più o meno altrettanto a Pupillo.
I tre sono concentrati sui propri strumenti e ancor di più a rendere l'atmosfera plumbea. Non servono voci nel loro set, che solo dopo un'ora lascia una pausa, prima che il trio risalga sul palco.
Una prova mastodontica, per un pubblico attento e partecipe. Bene i suoni, eccellente l'onda d'urto creata da uno degli act italiani che da ormai più di vent'anni smuove l'underground.
E brava la Factory a brincarli tra una data a Milano e l'altra a Roma.
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