E’ la notte del 10 Agosto 1993. Oystein Aarseth, in arte Euronymous, cade colpito alla testa dalla ventiquattresima coltellata inflittagli da Christian Vikernes, un ragazzo che proprio da lui era stato introdotto qualche anno prima nella scena black metal. In quell’istante muoiono, allo stesso tempo, il creatore del movimento e colui che maggiormente aveva contribuito a renderlo feroce e spietato agli occhi spaventati dell’opinione pubblica.
Per capire come si arrivò a quel punto dobbiamo fare ben più di un passo indietro, fino a chiederci: “Cos’è il black metal?”. Una domanda difficile, quasi impossibile, a cui rispondere, vista l’enorme quantità di leggende e pregiudizi nati nei circa vent’anni di vita di questo controverso genere musicale. Una cosa è certa: i musicisti coinvolti non si limitarono ad esercitarsi in sala prove e ad esibirsi sul palco in concerto, ma con un’escalation di violenza che finora ha trovato pari solo nella scena rap americana, terrorizzarono la Norvegia dissacrando tombe, bruciando chiese, dichiarando guerra totale al Cristianesimo, fino ad occupare le prime pagine dei giornali con una serie di efferati omicidi. Del resto, anche l’aspetto più puramente musicale correva di pari passo con le azioni dei suoi protagonisti, introducendo un nuovo modo di concepire la musica basato sulla continua provocazione, che portò l’heavy metal un passo più in là quanto ad estremismo sonoro rispetto ai fenomeni thrash e death.
Qualcuno sostiene, in modo molto riduttivo, che i gruppi black non sanno semplicemente suonare, ma è diverso per uno strumentista basare la musica sull’assoluta mancanza di tecnica - come nel caso del punk - dallo scegliere dal proprio bagaglio tecnico gli strumenti che si reputano più efficienti ed efficaci per la diffusione di un determinato messaggio. E anche la complessità tematica del black non permette di ridurne l’analisi a poche conclusioni: stretto tra satanismo, nazionalismo e revival medievale, presto esplose nella ricerca di temi cari alla filosofia e alla natura dell’uomo, ma altre volte anche pericolosamente affascinati dal nazionalsocialismo.
Cercheremo di capire cosa sia e cosa non sia il black metal, indagando nelle sue storie e nei suoi personaggi, leggendo gli avvenimenti che in una decina d’anni portarono dall’altare alla polvere alcuni protagonisti, senza trascurare gli album che appassionarono e che ancora oggi continuano a stregare una nutrita schiera di seguaci. Io, personalmente, cercherò di essere il più obiettivo possibile, facendo finta di non essere un fanatico, anche se purtroppo (o per fortuna) non riuscirò completamente a nascondere il morboso affetto che mi lega al black da quando vidi per la prima volta la copertina di “Nemesis Divina” dei Satyricon…